“Ora, un lettore un poco esperto sa facilmente scoprire, nella maggior parte dei casi, la differenza tra leggenda e storia. Quanto è difficile e quanto si richiede diligente cultura storica e filologica per discernere entro una certa relazione storica il vero dal falso e dal tendenzioso, altrettanto è facile in genere distinguere leggenda e storia. Perfino là dove la leggenda non si tradisce subito per elementi meravigliosi, per la ripetizione dei motivi noti, per la trascuranza di circostanze di luogo e di tempo, o altre simili, è però nella maggior parte dei casi riconoscibile per la sua struttura. Essa scorre oltremodo liscia: è eliminato tutto quanto l’attraversa, tutto quanto offre un attrito, tutti gli elementi secondari che s’intromettono nell’avvenimento e nel motivo principale, tutto quando è indeciso, rotto, oscillante e turba il corso chiaro dell’azione semplice e diritta dei personaggi. La storia, quale noi viviamo o quale apprendiamo da testimoni che l’hanno vissuta, corre meno unita, molto più contraddittoria e confusa. Soltanto quando essa ha maturato gli avvenimenti in una sfera determinata la possiamo, con l’aiuto di quelli, in qualche modo ordinare; e quante volte l’ordine che abbiamo creduto di aver conquistato ridiventa dubbio, quante volte ci domandiamo se non abbiamo disposto con una semplicità eccessiva gli eventi che ci stanno innanzi! La leggenda ordina la materia in un modo più unilaterale e più deciso, la taglia fuori da ogni altra correlazione col mondo, sicché non può portarvi confusione, e non conosce che uomini fissati in un unico aspetto, mossi da pochi e semplici motivi, i quali non possono compromettere l’inflessibilità del loro sentire e del loro agire. Ad esempio, nelle leggende dei martiri, perseguitati ostinati e fanatici; una situazione così complicata, e cioè veramente storica, come quella in cui viene a trovarsi il «persecutore» Plinio nella sua famosa lettera sui cristiani a Traiano, è una situazione inammissibile in una leggenda. E questo è un caso relativamente semplice. Si pensi alla storia a cui noi stessi assistiamo: chi consideri il comportamento degl’individui e dei gruppi all’avvento del nazionalsocialismo in Germania, o dei singoli popoli o stati prima e durante la guerra attuale (1942), sentirà la grande difficoltà di rappresentare i fatti storici, e quanto sia difficile trasformarli in leggenda; l’evento storico contiene una folla di motivi contraddittori in ogni singolo, un oscillare e un brancicare indecifrabile nei gruppi; solo di rado (come adesso per opera della guerra) si crea una situazione netta, relativamente facile a descriversi, e anche questa è variamente graduata sotto la superficie, e perfino quasi continuamente minacciata nella sua esatta significazione; e in tutti gli uomini del tempo i sentimenti sono talmente complessi che le parole d’ordine della propaganda possono solo scatutire dalla semplificazione più grossolana, il che ha poi come risultato che amici e nemici possono valersi degli stessi argomenti in sensi diversi. Scrivere di storia è cosa tanto difficile che la maggior parte degli storici è costretta a far concessioni alla tecnica della leggenda.”
tratto da:
MIMESIS
– Il realismo nella letteratura occidentale
di Erich Auerbach
Traduzione di Alberto Romagnoli e Hans Hinterhäuser
Volume primo, I. La cicatrice di Ulisse, pagg. 22-24
Einaudi